Comunicativo, sensibile, intelligente, Roberto Cavosi mette la persona al centro dei suoi pensieri, con un’attenzione particolare al mondo femminile. Perché – cita lui stesso – “ il mondo femminile mi regala spazi che non trovo in quello maschile. La donna è portatrice di universalità, di un rapporto intrinseco con la terra e con il cosmo, impensabili per la sfera sensibile maschile. Per descrivere con pari profondità i sentimenti di una sola donna, mi ci vorrebbero almeno cinque personaggi maschili. La donna, è quindi al centro di ogni mia creazione”.
In una splendida serata d’estate, venerdì 14 luglio a Palazzo Tozzoni è stato conferito a Roberto Cavosi il premio IMOLA PER IL TEATRO 2006, in occasione della finale del CONCORSO TEATRALE FEMMINILE LA PAROLA E IL GESTO – PREMIO FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI IMOLA”.
Nella breve motivazione si legge: “Alla geniale penna di Roberto Cavosi che, usando come foglio l’anima e come calamaio il cuore, rivela la magia del teatro. Al raffinato cantore dell’umana avventura, capace di trasmettere sentimenti ed emozioni profonde.”
Il concorso è un’operazione culturalmente di grande rilevanza. E per questo dobbiamo ringraziare gli sponsor che hanno condiviso e sostenuto un progetto nel quale credevamo – sostiene Valerio Berardi – per l’Associazione culturale I Portici – che organizza la manifestazione. Erano presenti rispettivamente: Felice Ginnasi per la FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI IMOLA – L’Assessore alla Cultura Valer Galavotti e l’Assessore alle pari opportunità FABRIZIA FIUMI, per il COMUNE DI IMOLA - il dott. Baroncini presidente della Coop.va CESI, sostenitore del premio GIURIA DEI GIOVANI. Da parte loro, parole di apprezzamento ed incoraggiamento a proseguire nello spirito di semplicità e attenzione che caratterizza da sempre la manifestazione. Guidato dalla felice conduzione dello scrittore imolese Antonio Castronuovo - coadiuvato da Francesca Zacchini - portavoce della Giuria dei Giovani, Roberto Cavosi ha dialogato con le partecipanti e con un pubblico particolarmente attento e partecipativo. E’ arrivato al teatro da bambino, grazie ad un diavoletto burattino, scambiato con la sua pistola giocattolo, per scoprire poi di poter guadagnare nella scuola elementare ben 2-3000 lire, proponendo spettacoli di burattini.
Col diploma dell’Accademia Silvio D’Amico lavora per 10 anni come attore, ma gli mancava l’aspetto dell’autore. La folgorazione arriva durante un soggiorno ad Mindanao, dove i missionari gli fanno toccare con mano la realtà del terzo mondo. Qui Cavosi comincia con “L’Uomo irrisolto”, dove racconta una situazione sociale e politica dentro la quale immette delle psicologie molto forti. Si ritiene fortunato perché può fare il mestiere per cui fin dall’inizio ha impostato il suo bagaglio fantastico.
“Quello che ho scritto e fatto è come un marmo continuamente in lavorazione, che mi porto sempre dietro” – sostiene. Il teatro è un meccanismo che ti permette di pensare in maniera più approfondita. E’ un gesto sociale, nato per combattere la violenza. E’ un rito collettivo. Lo intuivano nell’antica Grecia con l’acatarsi e nel medioevo con anti-acatarsi: cioè uscire dal teatro ponendosi delle domande. E rivolgendosi agli imolesi dice: “avete un ottimo teatro, perché nel tempo ha sempre lavorato in maniera continua ed estremamente interessante tra opere classiche e contemporanee”.
Ci sono realtà ben diverse in Italia”. Roberto Cavosi prende spunto dagli archetipi che sono alla base del vivere quotidiano di tutti. Partendo dai classici, svolge il racconto in chiave fortemente contemporanea. Ad esempio “Rosanero” nasce su un tessuto mafioso molto forte. Alle partecipanti, preoccupate per il loro futuro risponde: “La crisi del teatro è un problema antropologico. Purtroppo nel teatro italiano si è andato svilendo il ruolo del drammaturgo.
C’è un gusto estetico sempre più difficile da calcolare. Il produttore si è reso conto che c’era uno scollamento tra il pubblico e ciò che avveniva nel palcoscenico. Così è nato questo modo pericoloso di immettere a teatro personaggi televisivi noti, in modo che il pubblico avesse una sua riconoscibilità. Questo ha fatto lievitare i prezzi in modo significativo”.
E infine: “Le scuole teatrali devono essere fortemente selettive. Un attore deve riuscire a mostrare sempre la propria personalità: non bisogna mettersi troppo al servizio del personaggio. Penso che il vostro concorso sia il premio più importante che c’è in Italia, perché è puntualizzato ad un universo – quello femminile che mi riguarda e mi affascina particolarmente”.
Infine, vestendo il ruolo di Presidente di Giuria, ha formalizzato il responso della Giuria. Ha stravinto Marzia Gambardella che si porta a casa il primo premio, il premio del Pubblico e il premio Giuria dei Giovani, perché “interpreta con padronanza illusiva il personaggio, coniugando al meglio movimento e parola; temperando la caratterizzazione realistica con sapienti effetti fonici”. Marzia ha proposto un toccante monologo di A da “Tre donne alte” di Edward Albee. A: una donna vecchia, dispotica e orgogliosa che si trova nel momento – più o meno lungo - in cui l’essere umano è calato in quell’infinita e sommessa solitudine che - pare - fa da preludio alla Fine. Debora Migliavacca Bossi con il brano “Ritratto di Signora di Carmelo Bene, vince il secondo premio per aver dimostrato “ottime capacità tecniche, alleandole ad un’ecclettica e felice impostazione visionaria”.
In questo brano l’intricato mondo dell’autore si esprime sempre attraverso un ribaltamento dei luoghi comuni, delle frasi fatte e del comune modo di pensare e vivere. Terzo premio ad una brillante Lisa Cantini che “pur partendo dalla marcata caratterizzazione del personaggio, riesce a comporre un percorso spettacolare, convincente e fluido”. Il suo personaggio è tratto da “Tanto vale vivere” , dove l’autrice Dorothy Parker urla attraverso l’ironia, il suo disarmato disappunto di fronte alla spietata caducità della vita.
Degne di nota anche le altre finaliste: VIVIANA BOVINO con uno spettacolare brano da "Madre" di Alma Bernal GIORGIA GORRERI con un esilarante “Il fumo fa male” di Anton Cechov ELISABETTA TONON fantasiosa nel monologo di Nina Zarecnaja da “Il Gabbiano” di Anton Cechov ALESSANDRA SANI e LAURA GAROFOLI ben affiatate con il dialogo da Le Serve di Jean Genet SIMONETTA MARINI con l’impegnativo brano da L'atroce notte: "monologo di Marta Abba" di Stefano Milioto.
Questo il commento univoco della Giuria: ”Le finaliste hanno dimostrato tutte di essere delle vere attrici e possono mirare alto. Sorprendente la capacità di proporre auto regie creative e brillanti.” Al pubblico di Palazzo Tozzoni un caldo invito a rivedere lo spettacolo itinerante costruito per la regia di Andrea Sansovini denominato DONNE IN FABULA, che debutterà a Bagnara di Romagna il 26 luglio prossimo, per concludersi a Sesto Imolese il 28 luglio, perché “Il teatro – per dirlo con il regista brasiliano Eduardo Pinherio: è una filosofia di vita prima che una professione “
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